sabato 23 febbraio 2008

TESTIMONI DEL 22 FEBBRAIO (CARLO CASTAGNA)

Carlo Castagna. Dà il consenso alle riprese.

La sera dell’11 dicembre, quando arrivai in via Diaz, appena entrato il vigile Ferruccio Miotto mi prese per un braccio e mi disse che c’era stato un incendio, poi mi si avvicinò Gallorini che mi chiese: lei sa dov’è suo genero? Sì che lo so: è in Tunisia. È sicuro? Sì. Ha visto il biglietto? No, ma sono sicuro. A quel punto, un subalterno di Gallorini mi disse: sopra ci sono quattro persone sgozzate. Ho chiamato Beppe: “Beppe, sono morti tutti!” Come sono morti tutti?
Quando arrivarono, Beppe mi disse: papà, ora non possiamo fare più niente.

Conosce gli imputati?
Certo, li incontrai per la prima volta nel cortile in un pomeriggio dell’aprile del 2000.
Sapevo degli episodi di screzio. All’inizio si risolvevano con parolacce anche pesanti, poi si passò alle minacce e mossero le mani. Mi ricordo che venni attaccato con espressioni molto dure e molto volgari. Loro lamentavano soprattutto dei rumori che motivavano con il fatto che mia figlia avesse ribaltato la distribuzione delle zone interne alla casa. Con l’inversione, la zona notte di Raffaella corrispondeva alla zona giorno dei Romano. Ma quando abbiamo fatto questa cosa, i Romano non abitavano ancora nella corte. Quando arrivarono, Olindo fece un controsoffitto, ma gli dissi che così faceva una cassa armonica. Rosa mi disse, non prende in giro mio marito: “Guardi che Olindo è geometra”!!!. Nel giugno del 2006, feci posare uno spessore di sughero e un parquet di legno nuovo. Da quel momento, non dissero più niente. Più volte ripresi anche Raffaella, le dissi che era in un condominio, che non doveva fare rumore.
È successo cinque o sei volte in piena notte che mi chiamassero per farmi dire a “quella bastarda di mia figlia” di smettere di fare rumore. Poi, dopo il 2003, non mi telefonarono più, dopo che Raffaella sposò Azouz. Paola era il tramite tra me e Raffaella. Era lei che mi dava le notizie dalla corte. Mi diceva che il piccolino voleva andare dai Romano, ma loro lo insultavano, dicevano che era “figliodi…” Lui non capiva e sorrideva…

Ha visto gli imputati quella sera?
Avevo appreso la notizia. Prima che arrivassero i miei figli ero lì solo. Avevo freddo. Girai su me stesso. Vidi il maglione rosa salmone di Olindo e i miei occhi fissarono i suoi per un secondo e mezzo e mi sembravano quasi dispiaciuti. Non li avevo mai visti così tranquilli e sereni. Un paio di giorni dopo stavo pregando, in camera mia, ebbi un flashback, rividi il pullover, gli occhi dell’Olindo e mi dissi: e se fosse stato lui? Mi risposi: no Carlo, non è possibile.
Il giorno dopo una mia amica mi venne a trovare e mi disse: è possibile che nessuno abbia visto nessuno entrare e uscire? Ebbi un sussulto. Da lì cominciai ad avere un presagio.

La questione del guanto.
Titolo del Giornale: “Giallo di Erba, spunta un guanto sulla scena della strage”. Lessi l’articolo, e riconobbi un guanto di quelli che utilizziamo in ditta. Alcuni guanti furono visti a casa mia da Youssef, gli piacquero e ne portò via almeno uno.


Avv.Schembri
Quando sua figlia conobbe Marzouk ebbe modo di conoscerlo, lo invitò a cena?
Sì. Lo conobbi il 29 novembre, 2002. Il 6 gennaio mi disse: abbiamo pensato alle nozze. Le dissi, mi sembra un po’ prematuro, ma non c’è fretta per decidere. Come famiglia abbiamo sempre cercato di dare fiducia al prossimo. Azouz era una persona. E la multietnicità di mia figlia poteva farci accettare questa scelta. Era la fretta a metterci in difficoltà. Poi fu Gallorini a mettermi in guardia su Azouz. Mi mise al corrente dei problemi di Azoz con un giro non chiaro e il sospetto di un’attività di spaccio. Ne parlai con mia figlia che mi disse: per quello che lo conosco, non è possibile.

Sapeva che il fratello di Azouz era stato ferito con una lama?
Sì, fu mia moglie ad andare a prenderlo in ospedale.

Cercò di mettere sul “chi va là” sua figlia?
Sì, chiesi a mia figlia di venire a casa una sera. Ma lei arrivò con Azouz e il fratello Femi. Allora le dissi, ci vediamo un’altra sera. Loro si arrabbiarono e alzarono la voce, così i miei due figli li respinsero e dissero loro di abbassare la voce in quella casa. Io dissi, vedi Raffaella? Hanno tolto la maschera dell’agnello, e han messo quella del lupo. Così le dissi, ho un motivo in più per non seguirti nella tua scelta, pensaci.

Fu messo al corrente che sua figlia riceveva minacce telefoniche mentre Azouz era in carcere?
No.

Avv. Pacia
Ha visto chi salì nell’abitazione la sera dell’11 dicembre?
No. Mi sono fermato appena dopo il cancello?
Sua moglie aveva una borsetta?
Probabilmente quella sera lì non l’aveva. La patente era probabilmente nel borsellino.


Avv. Bordeaux
Olindo aveva la piantina dell’appartamento di sua figlia?
Olindo aveva la piantina e la signora Rosi è venuta più volte nell’appartamento di mia figlia e faceva ballare l’occhio. Era molto curiosa e osservava cosa c’era all’interno.
C’è un camino all’interno?
Sì, dal 1957.
Sapeva se c’erano attizzatoi?
Sì, quelli c’erano, glieli ho regalati io.
Le sono state mostrate dagli inquirenti alcune chiavi trovate nell’appartamento della figlia?
Sì. Ma quei mazzi non li avevo mai visti. Io avevo dato a mia figlia un mazzo di chiavi con un portachiavi a pesciolino all’ingresso dell’appartamento.
Aveva le chiavi dell’appartamento di sua figlia?
Inizialmente dissi di no. Poi trovai quel mazzo con il pesciolino in casa e lo portai subito a Gallorini.

Sapeva qualcosa dei progetti di sua figlia?
Paola mi parlò di un progetto di Raffaella e Azouz. Mi disse che volevano andare in Tunisia ad aprire un’attività. Ero abbastanza preoccupato. Mi sembrava un progetto molto poco definito.

Sapeva chi andava in casa di Raffaella?
I parenti di Azouz avevano libero accesso. Sapevo che Raffaella aveva concesso il domicilio a due giovani tunisini.

Bianchi.
Youssef parlava italiano?
Per quanto potesse parlare a due anni, sì. Mi chiedeva: nonno, alto! Per farsi mandare in alto con il carrello elevatore. Il signor Ramon lo chiamava nonno. Olindo e Rosi non li chiamava e non li indicava in altro modo.

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