giovedì 28 febbraio 2008

PARLA OLINDO 2

Il 10 gennaio fu il giorno più brutto della mia vita.
Quando vennero i carabinieri mi dissero, si rende conto di cosa avete fatto, cosa è successo… Ma la cosa più brutta fu quando ci dissero cosa ci aspettava. Ci dissero che ci aspettava l’ergastolo, che ci avrebbero separati per sempre. Ma io non potevo sopportare di non vedere mai più mia moglie. Ma, io ho soltanto mia moglie nella vita. Poi mi misero davanti una secondo prospettiva: se fai il pentito, con le attenuanti, tra cinque anni sei fuori. Ero davanti a un bivio. Il maresciallo Finocchiaro per fortuna ogni tanto cessava il suo martellamento, usciva per alcuni istanti. Quando uscì una volta Finocchiaro, all’altro parlai dei dettagli della strage, dell’incendio, delle armi. La cosa brutta era quando tornava Finocchiaro. Continuavamo a parlare delle due prospettive, del pentimento, dell’ergastolo e così…
Passarono due o tre ore. Ero curioso di sapere dove andasse Finocchiaro tutte le volte che usciva. Lo capii soltanto dopo due o tre giorni. Io non lo sapevo, ma in un altro locale vicino c’era mia moglie e stavano facendo la stessa cosa con lei. Mentre mia moglie mi sentiva, Finocchiaro usciva da me e andava da mia moglie, me l’ha detto mia moglie quando abbiamo parlato.
Dopo due o tre ore ero confuso, disperato, con la prospettiva di non vedere più mia moglie, non avevo nessuno a cui chiedere un consiglio, cosa faccio, cosa non faccio, scelsi per il minore
dei mali, piuttosto che non vedere più mia moglie preferivo stare in galera 5 anni. Allora dissi a Finocchiaro: guardi, chiami il giudice, il piemme, chi deve. Ma cosa confessavo? Noi non abbiamo ucciso nessuno! Ma stiamo scherzando? Allora dovevo inventarmi qualcosa. Allora dovevo dire le notizie che avevo raccolto nel mese prima che mi arrestassero. Misi insieme quello che avevo letto, i pettegolezzi e tutto e ho messo insieme una confessione. Arrivò il piemme e entrai io, ma io volevo vedere mia moglie per dirle che cosa avevo deciso di fare. La vidi per cinque minuti, le spiegai le due prospettive. Lei non era tanto d’accordo. Ma lei non era d’accordo: ma Olly – mi diceva - noi non abbiamo fatto niente. Ma i piemme chiamarono mia moglie. Mia moglie entrò confessò lei, ma cos’ha fatto? Si è assunta tutta la responsabilità. Uscita lei entrai io, mi fecero sentire cosa avevo detto mia moglie, io allora feci una cosa automatica, mi assunsi io tutta la responsabilità. Allora i magistrati non erano convinti, perché c’erano cose che non combaciavano. Mi dissero: faccia una pausa e ci pensi su bene. Andai in un altro locale, mi ritrovai Finocchiaro e Cappelletti che mi dissero: se vuoi fare il pentito devi farlo fino in fondo: devi coinvolgere anche tua moglie. Rientrai, ripresi la testimonianza che avevo già fatto e corressi alcune cose. Alla fine della serata firmammo dei fogli, ci fecero sentire le nostre confessioni e finì lì.
Salutai mia moglie e tornammo nelle celle.
Dopo una settimana ci concessero dei colloqui, due ore il giovedì mattina. Visto che avevamo fatto la scelta di fare i pentiti, dovevamo fare i pentiti fino in fondo e le assicuro non è una cosa semplice.
Nel mese di febbraio si presentò il professor Picozzi e mi chiede se posso essere ripreso, gli dico faccia pure. Lì, abbiamo ricalcato la confessione, chiamiamola falsa, perché dovevamo sostenere la tesi dei pentiti. In cuor mio speravo che Picozzi capisse la situazione in cui ci eravamo cacciati, ma invece non capì nulla. Niente, siamo andati avanti a fare i pentiti, anche con la gente in carcre e pensi un po’ lei il disprezzo che avevano verso di noi, perché avevamo confessato di aver ammazzato anche un bambino, ci trattavano come una bestia. Fino a maggio è stato un calvario. Soltanto il cappellano, la psicologa e l’educatrice ci hanno aiutato a capire che dovevamo cambiare l’avvocato, grazie alla psicologa sono riuscito a uscire da uno stato rassegnazione e ritrovare la fiducia in me stesso. Sono stati loro a dirci che questa non era la strada che dovevamo seguire. Allora ho deciso di dichiarare la mia innocenza e ho ripreso la mia dignità, che mi avevano tolto, allora abbiamo deciso di lottare per la verità. Questo, basta! E poi quello che viene viene.


Accetta di sottoporsi alle domande delle parti?
Prima Olindo dice: non avrei nulla in contrario. Poi, invitato a pensarci dice: per questa volta, no!

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