martedì 11 marzo 2008

IN ATTESA DELLA NUOVA SERIE, SPAZIO ALLE REPLICHE

Non solo “la reiterazione del commento”. Siamo arrivati alla reiterazione della notizia.
Quando non c’è una notizia nuova, eccoci “costretti” a riciucciare roba già data. Trita e ritrita. Come il colloquio di Rosa Bazzi davanti al criminologo Massimo Picozzi e risalente al febbraio 2007, in cui la donna offre una nuova ricostruzione della strage assumendosene totalmente la paternità, negando con forza ogni particolare in grado di avvalorare la tesi accusatoria della premeditazione e cercando la via d’uscita della presunta violenza sessuale all’origine dell’eccidio. La reiterazione della notizia, si diceva. Quella, appunto, del presunto stupro subito da Rosa ad opera di Azouz. Un fatto emerso già a settembre, mai trapelato prima di quel colloquio con Picozzi, e già oggetto di una querela: non quella di Rosa Bazzi nei confronti del ragazzo tunisino, ma dello stesso Azouz, per calunnia. Ma ieri, in aula, con dovuto rispetto per le vittime e per le parti del processo, è stata una noia, al punto che il nuovo movente emerso dal racconto video della Bazzi, “Gli ho uccisi per vendicarmi di Azouz” titola oggi La Repubblica, è andato a riempire le pagine dei quotidiani locali e nazionali.
Roba già vista in abbondanza, come detto, ma che ha a che fare con sesso e sangue, dunque fa brodo. Il perché di questo flash-back del processo mediatico è presto spiegato: il processo giuridico, con la visione del video-confessione, si è bloccato, tornando a una fase delle indagini in cui i difensori dei Romano non erano gli avvocati Pacia, Schembri e Bordeaux, ma il primo legale della Coppia, l’avvocato Pietro Troiano. È bastato che l’avvocato Enzo Pacia chiedesse la visione completa di quel colloquio, con la singolare motivazione che una parte di quel video era stata mandata in onda da Matrix qualche sera prima, per mandare indietro il processo al 27 febbraio scorso, quando fu la stessa Procura a chiedere alla Corte di poter produrre quale prova quella ripresa video e, quindi, di poterne vedere pubblicamente alcuni spezzoni significativi. Insomma, se il processo rallenta in aula, fuori non può farlo.
E allora, in attesa della nuova serie, spazio alle repliche.

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