lunedì 28 gennaio 2008

SCHERMAGLIE PRELIMINARI

“Siamo di fronte a una sentenza già scritta”.
E ancora: “Sono state limitate le possibilità di difesa”.
A processo non ancora aperto, gli avvocati difensori dei coniugi Romano, Luisa Bordeaux e Fabio Schembri vanno all’attacco della Corte d’Assise e della Procura di Como.
In una memoria depositata nei giorni scorsi, i due avvocati denunciano apertamente una presunta “compressione del diritto di difesa” indicando, definendoli “gravi”, una serie di fatti imputabili a Corte e Piemme.
I due legali dei Romano fanno riferimento soprattutto a due circostanze: il diniego opposto in sede di udienza preliminare e, in seguito, dalla Corte d’Assise, di acquisire tutte le intercettazioni fatte sulle utenze di Olindo e Rosa e sui residenti del circondario di via Diaz e l’opposizione all’effettuazione di una vera e propria perizia psichiatrica in carcere sui due coniugi detenuti al Bassone.
Gli avvocati Bordeaux e Schembri nella loro memoria parlano esplicitamente di “una ferma resistenza e ostilità rispetto a ogni richiesta volta all’acquisizione di dati scientifici e tecnici. Una resistenza – scrivono i due – che può essere di pregiudizio per l’accertamento dei fatti”.
Il documento è andato a integrare il fascicolo del processo nei giorni scorsi, il 18 gennaio, per la precisione. Starà alla Corte d’Assise decidere quale peso intenderà dare alle parole dei due difensori degli imputati. Quel che è fin d’ora certo è che il clima pre-processuale, anche all’interno del Palazzo di Giustizia, è a dir poco rovente.

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