Graziella Mercanti, psicologa del carcere di Como.
Ho seguito
Olindo Romano perché ritenuto a potenziale rischio suicidario, come tutti i detenuti sorvegliati a vista. Distinguo due fasi diverse per Olindo Romano. Inizialmente era diffidente verso le istituzioni e i cosiddetti “strizza cervelli”. Parlava animosamente delle liti, degli alterchi, che, secondo lui erano i fatti che avevano originato i fatti di via Diaz. Parlava spesso della moglie, che definiva indispensabile per vivere. Un rapporto totalizzante, inscindibile. Mi chiedeva se fosse possibile condividere con lei la detenzione.
Corte d’AssiseMa parlava dei fatti di Erba dandoli per scontati o assumendosene la responsabilità?
Non parlava mai direttamente dei fatti. Parlava d quei giorni e dei fatti in generale.
In una seconda fase è diventato meno polemico, più collaborativo. Mi disse che non riusciva a ricordare esattamente i fatti della strage. La sua emotività si era evoluta. Aveva cominciato a parlare più di sé, parlandomi anche di intenzioni di tipo suicidario, soprattutto in caso la cella matrimoniale fosse stata negata ancora. Al rientro dalle ferie, verso fine agosto, mi raccontò che non era mai salito in quella casa, che quel giorno dell’11 dicembre aveva dormito e che la moglie l’aveva raggiunto in casa chiedendogli di portarla a Como. Da lì in avanti ha usato spesso la frase: “io non sono mai salito”. In un’occasione mi disse che avrebbe smesso di mangiare. Poi mi disse che fino al processo sarebbe stato buono. Era convinto che la pena sarebbe potuta essere divisa in due, visto che la cosa era stata commessa in due. In tempi recenti mi ha parlato anche di presunte violenze psicologiche subite soprattutto negli interrogatori. Olindo ha un tipo di pensiero rigido, simile a quello dei pre-adolescenti. Ha una scarsa autostima, una scarsa fiducia in sé stesso. Fino alla primavera diceva che non sapeva cosa fosse successo e che a un certo punto aveva proprio smesso di pensarci. Con la signora Bazzi ho avuto una ventina di colloqui, da marzo ad oggi.
La Bazzi ha alternato fasi di relativa adeguatezza, malgrado il regime di sorveglianza a vista che è molto duro, a fasi di acuto malessere, con crisi isteriche, con ansia, angoscia, pianti, somatizzazioni evidenti. Si provocava anche ferite leggere. In ottobre e novembre mi riferì anche episodi strani: di continua insonnia e di discussioni con un altro da sé, una persona immaginaria, la chiamava l’altra Rosa. Con lei aveva accese discussioni. Anche con me, nelle fasi acute, era particolarmente ostile. Travolta da uno stato emotivo che non riusciva a controllare. Non ho mai raccolto elementi sul suo passato. Fu lei a raccontarmi del cattivo rapporto con la madre, di avere subito abusi di tipo fisico da familiari. Disse: vorrei essere messo in un istituto con sbarre alle finestre in modo che nessuno possa mai entrare. Lamentava fortissimi mal di testa, problemi nell’assunzione del cibo, mal di stomaco, mangiava poco, bevevo poco. Ho partecipato a uno dei colloqui con i difensori, il nove ottobre, il giorno prima dell’Udienza preliminare. Era in una fase di crisi acuta. Anche lei mi parlava di possibilità di suicidio, perché per lei non ci sarebbe stato futuro, perché lei si sarebbe sempre sentita comunque minacciata. Olindo mi aveva detto che con la moglie c’era un patto: o ci mettono insieme, o ci suicidiamo tutti e due.
Avv. Pacia:
Che tipo di rapporto coniugale esisteva tra loro?
Siamo di fronte a un rapporto totalizzante, esaustivo rispetto a qualunque tipo di esigenza esistenziale, il rapporto diventa un contenitore di esistenza, di natura simbiotica, di dipendenza in cui la Bazzi mantiene un livello di autonomia maggiore rispetto al marito. Un rapporto inscindibile, la moglie è un prolungamento del sé per Olindo, l’essenza stessa della sua esistenza. Olindo potrebbe essere giunto a una spersonalizzazione della propria individualità.
Pacia: Si può parlare di fusione di personalità?
Nel rapporto simbiotico si può parlare di fusione, la coppia comincia a funzionare in maniera univoca, come se invece di due individui ce ne fosse uno solo.
Rosa in carcere mi chiedeva di poter stirare e lavare i vestiti al marito, chiedeva di vedere il marito, ma senza la veemenza di Olindo. Ha sempre mantenuto una certa autonomia dal marito.
Pacia: Ha notato salti logici, raffigurazioni fantastiche?
In più di un’occasione Rosa mi ha parlato di fatti ai margini dell’inverosimile.
Questi soggetti secondo lei sono meritevoli di un’indagine psichiatrica più approfondita?
Credo che entrambi meritino un approfondimento.
Pm Astori.
Cos’è il progetto Dars?
È un trattamento riservato ai detenuti considerati ad alto rischio suicidiario.
Pm: Quando ha riscontrato i primi rischi di suicidio?
Olindo da marzo aprile, Rosa in fase meno continua. Assumevano ansiolitici e antidepressivi.
So che la Bazzi da ottobre e novembre aveva avuto un aumento dei trattamenti.
Pm: Quanti detenuti segue?
35-40 nel progetto Dars. La maggior parte di questi è soggetta a cure antidepressive.
Avv.Tropenscovino.In che termini le parlarono dei fatti e della confessione?
Mi dissero soltanto di aver confessato la strage.
Corte d’Assise.Le hanno mai detto perché si sarebbero accollati una simile responsabilità?
Olindo mi diceva che in questo modo avrebbe diviso la pena con la moglie. Rosa non mi parlò mai di auto accuse.
C: Ha mai segnalato l’opportunità di approfondire il quadro clinico dei due?
Ne ho parlato con la psichiatra, ma senza a dare un input preciso in tal senso.